domare la bicicletta

"Taming the Bicycle" (1886) di Mark Twain (1835-1910)

testo originale da: http://www.bicyclinglife.com/HowTo/TamingTheBicycle.htm traduzione: Andrea Gaddini

NOTA: In questo racconto Twain impara ad andare sul biciclo. Nel linguaggio comune era chiamata the Ordinary (ed era una delle migliaia di versioni sperimentali, una delle quali divenne la bicicletta odierna), ma veniva abbreviata in "Ornery." Oggi "ornery" indica l'avere un brutto carattere, cocciuto, abietto o meschino, e a volte mi chiedo se la bici non c'entri qualche cosa, come vedremo nella storia raccontata da Twain. (da: http://www.bicyclinglife.com/HowTo/TamingTheBicycle.htm, traduzione: Andrea Gaddini)

Ho deciso che il discorso era chiuso ed ho concluso che potevo farcela. Così sono sceso ed ho comprato un barile di pomata per le ferite ed una bicicletta. L'Esperto è venuto a casa con me per insegnarmi. Abbiamo scelto il cortile posteriore, per la privacy, e ci siamo messi all'opera.
La mia non era una bicicletta adulta, ma solo una puledra, da un metro e venticinque, con pedali accorciati a un metro e venti, e ombrosa, come tutti i puledri. L'Esperto ha spiegato in breve i punti principali della questione, quindi è salito in sella ed ha pedalato un po' in giro, per mostrarmi quanto era facile. Ha detto che scendere era forse la cosa più difficile da imparare, e che quindi l'avremmo lasciata per ultima. Ma su questo si sbagliava. Si è accorto, con sorpresa e gioia, che tutto quello che doveva fare era di mettermi sulla macchina e togliersi da davanti: ce la facevo da solo a scendere. Pur essendo del tutto inesperto, sono sceso a tempo di record. Lui era da una parte, e spingeva la bicicletta, siamo andati tutti giù con uno schianto, lui sotto, poi io e la bicicletta sopra tutti. Abbiamo esaminato la bici, ma non c'era il minimo danno. Facevo fatica a crederlo, ma l'Esperto mi ha assicurato che era così, e infatti un controllo lo ha dimostrato. Cominciavo quindi a rendermi conto di quanto mirabilmente sono costruiti questi oggetti. Ci siamo messi un po' di pomata per le ferite ed abbiamo ricominciato. L'Esperto questa volta si è messo dall'altra parte a spingere, ma io sono andato giù da quella parte e così il risultato è stato come prima.
La bicicletta non era danneggiata. Ci siamo di nuovo spalmati di pomata ed abbiamo ricominciato. Questa volta l'Esperto ha preso una posizione riparata di dietro, ma in un modo o nell'altro siamo di nuovo atterrati su di lui.
Era pieno di meravigliata ammirazione; ha detto che non era normale. Lei era a posto, neanche un graffio, né una doga saltata da nessuna parte. Lui mi ha detto che era meraviglioso, mentre ci spalmavamo la pomata, ma mi ha detto che quando avrei imparato a conoscere quelle ragnatele d'acciaio mi sarei reso conto che solo la dinamite avrebbe potuto azzopparle. Poi si è rimesso zoppicando al suo posto ed abbiamo ricominciato di nuovo. Questa volta l'Esperto ha assunto la posizione dell'interbase ed ha messo un uomo a spingere da dietro. Abbiamo preso una bella velocità e subito dopo abbiamo incocciato in un mattone ed io sono volato sopra al manubrio e sono atterrato a testa in giù sulla schiena dell'istruttore ed ho visto la macchina fluttuare nell'aria fra me ed il sole. È stato un bene che sia atterrata su di noi, perché questo ha interrotto la caduta, e non si è danneggiata.
Cinque giorni dopo sono uscito, mi hanno accompagnato all'ospedale ed ho constatato che l'Esperto stava abbastanza bene. Pochi giorni dopo ero del tutto guarito. Attribuisco questo alla mia accortezza di scendere sempre su qualcosa di morbido. Alcuni consigliano un letto di piume, ma io penso che un Esperto sia meglio.
L'Esperto alla fine è uscito e si è portato quattro assistenti. Era una buona idea. Questi quattro reggevano in piedi il grazioso accrocco mentre io mi arrampicavo sulla sella; allora si sono incolonnati ed hanno marciato ai miei lati mentre l'Esperto spingeva da dietro; tutte le mani mi assistevano per scendere.
La bicicletta ha avuto quelle che si chiamano "convulsioni" e le ha avute in modo molto brutto. Per mantenere la posizione mi si richiedevano un bel po' di cose, ed in ogni caso le cose richieste erano contro natura. Contro natura, ma non contro le leggi della natura. Questo è per dire che quali che fossero le cose richieste, la mia natura, le mie abitudini e la mia educazione mi portavano a provarci in un modo, mentre certe invariabili ed insospettate leggi della fisica richiedevano che fosse fatto nell'altro modo. Da questo ho percepito quanto radicalmente e grottescamente sbagliata fosse stata l'educazione di tutta una vita del mio corpo e delle mie membra. Erano stati intrisi di ignoranza, non avevano conosciuto niente, niente da cui potessero trarre profitto per sapere. Per esempio, se mi trovassi a cadere sulla destra, butterei giù il manubrio nell'altro senso, per un impulso naturalissimo e così violerei una legge e continuerei a cadere. La legge richiedeva la cosa opposta, la ruota grande deve essere girata nel senso in cui stai cadendo. Questo è difficile da credere, quando te lo dicono. E crederlo non è soltanto difficile, ma impossibile; si oppone a tutte le tue nozioni. E rimane difficile da mettere in atto, anche quando arrivi a crederci. Crederci ed imparare con le prove più convincenti che è vero non ti aiuta: non riesci più a fare quello che facevi prima; all'inizio non puoi né costringerti né convincerti a farlo. L'intelletto deve mettersi in prima linea, adesso, deve insegnare agli arti ad abbandonare la loro vecchia istruzione e adottare quella nuova.
Le fasi del progresso di ognuno sono distintamente segnate. Alla fine di ogni lezione hai acquisito qualcosa, e sai anche che cos'è quel qualcosa, ed allo stesso modo sai che ne farai tesoro. Non è come studiare il tedesco, dove vai avanti pasticciando a tentoni in modo incerto per trent'anni ed alla fine, quando pensi di avercela fatta, ti salta addosso il congiuntivo e sei fregato. No, e mi accorgo adesso, in modo abbastanza semplice, che il grande peccato della lingua tedesca è che non puoi cadere e farti male. Non c'è niente come questa caratteristica per convincerti a occuparti solo d'affari. Ma vedo anche, da quello che ho imparato dalla bicicletta, che l'unica maniera giusta e sicura di imparare il tedesco è per mezzo del metodo ciclistico. Il che significa afferrare una canagliata per volta ed impararla, non mollare e non schivare la prossima, lasciando perdere quella imparata a metà.
Quando sei arrivato al punto essenziale dell'andare in bicicletta, in cui puoi tenere in equilibrio l'arnese in modo passabile e farlo avanzare e sterzare, allora ti arriva il prossimo compito, salirci sopra. Devi fare così: standoci dietro salti in avanti sul tuo piede destro, tenendo l'altro sulla staffa per montare e afferrando il manubrio con le mani. Al via, ti alzi sulla staffa, irrigidisci la gamba sinistra, brancoli in cerchio con l'altra gamba in aria in modo vago e indefinito, appoggi lo stomaco contro il dietro del sellino, e poi cadi giù, forse da una parte, forse dall'altra, ma cadi giù. Ti rialzi e lo fai di nuovo, e ancora, e poi per diverse volte.
Da questo momento hai imparato a tenerti in equilibrio, ed anche a sterzare senza sradicare la barra del timone (la chiamo barra del timone perché quello è, manubrio sarebbe un termine scarsamente descrittivo). E così punti dritto, proprio di fronte, appena appena, poi ti alzi in avanti, con uno sforzo continuo, porti la gamba destra, e poi il corpo sul sellino, trattieni il respiro, dai una violenta strappata di qua e poi di là, e poi cadi giù di nuovo.
Ma da questo momento hai smesso di preoccuparti di scendere, vieni alla luce su un piede o sull'altro con una notevole sicurezza. Altri sei tentativi, ed altre sei cadute ti rendono perfetto. La volta successiva approdi comodamente sul sellino e ci resti, sempre se ti accontenti di lasciar penzolare le gambe, e lasciar perdere per un po' i pedali, ma se cerchi subito di afferrarli, sei di nuovo fregato. Impari presto ad aspettare un po' e perfezionare il tuo equilibrio, prima di andare a cercare i pedali; quindi l'arte di salire in sella è acquisita, è completa, ed un po' di pratica te la renderà semplice ed agevole, anche se all'inizio gli spettatori dovrebbero tenersi a cinque o dieci metri di distanza da ogni lato, se non hai nulla contro di loro.
Ed ora sei arrivato al punto di scendere volontariamente; l'altro sistema lo hai già imparato all'inizio. È abbastanza facile dire come si scende volontariamente, bastano poche parole, le cose da fare sono semplici ed apparentemente poco complicate; fai andare giù il pedale di sinistra finchè la gamba sinistra è quasi distesa, sterzi la ruota a sinistra e scendi come se fossi a cavallo. Di certo sembra molto facile, ma non lo è. Non so perché non lo è, ma non lo è. Provate come potete, ma non scenderete come da cavallo, scenderete come da una casa in fiamme. Darete spettacolo ogni volta.
Per otto giorni ho preso lezioni quotidiane di un'ora e mezza. Alla fine di questo apprendistato di dodici ore lavorative ero diplomato, più o meno. Mi dichiaravano abilitato a cavarmela con la bicicletta senza aiuto esterno. Sembra incredibile, questa velocità di apprendimento. Ci vuole molto più tempo ad imparare ad andare a cavallo in modo approssimativo.
Ora, è vero che avrei potuto imparare senza insegnante, ma sarebbe stato rischioso per me, a causa della mia naturale goffaggine. L'autodidatta raramente sa tutte le cose in modo preciso e non sa un decimo di quello che avrebbe potuto sapere se avesse lavorato con insegnanti; e inoltre si vanta e questo fa sì che altri sventati decidano di fare come lui. Alcuni pensano che gli incidenti sfortunati della vita, le "esperienze" di vita, ci siano in qualche modo utili. Mi piacerebbe scoprire in che modo. Non ho mai saputo che uno di essi accadesse due volte. Cambiano sempre e si scambiano e ti colgono nel tuo lato con meno esperienza. Se l'esperienza personale potesse valere come formazione, non sembrerebbe probabile farla in barba a Matusalemme; eppure se quell'anziana persona potesse tornare quaggiù è più che probabile che una delle prime cose che farebbe sarebbe di impossessarsi di uno di quei cavi elettrici e di legarsi tutto con un bel nodo. Ora, la cosa più sicura e più saggia per lui sarebbe di chiedere a qualcuno se fosse una buona cosa di cui impadronirsi. Ma questo non sarebbe da lui; sarebbe uno di quegli autodidatti che vanno per esperienza e vorrebbe esaminare la questione da solo. E troverebbe, per la sua educazione, che il patriarca attorcigliato rifugge dal cavo elettrico, e questo gli sarebbe utile, anche, e lascerebbe la sua educazione in una condizione del tutto compiuta e arricchita, finchè dovrebbe tornare, un bel giorno, ed andrebbe a far rimbalzare in giro una latta di dinamite per scoprire cosa c'è dentro.
Ma stiamo divagando. In ogni caso prendetevi un insegnante: risparmierete tempo e pomata per le ferite.
Prima di prendere congedo da me, il mio istruttore mi ha chiesto informazioni sulla mia forza fisica e sono stato in grado di informarlo che non ne avevo affatto. Mi ha detto che era un difetto che all'inizio mi avrebbe reso piuttosto difficile pedalare in salita, ma ha anche detto che la bicicletta presto avrebbe risolto il problema. Il contrasto fra i suoi muscoli ed i miei era abbastanza marcato. Ha voluto provare i miei, così gli ho porto il mio bicipite, che era il meglio che avevo. Gli è quasi venuto da sorridere. Ha detto: "È polposo e morbido e cedevole ed arrotondato; sfugge alla pressione e scivola sotto le dita; al buio lo si potrebbe scambiare per un'ostrica in uno straccio." Forse dopo quello che ha detto avevo un'aria dispiaciuta, perché ha aggiunto, subito dopo: "Oh, va bene, non è il caso di preoccuparsi di questo: in poco tempo non lo distinguerà da un rene pietrificato. Se solo continua con la pratica, andrà tutto bene."
Poi se n'è andato ed io sono partito da solo a cercare avventure. Ma non c'è veramente bisogno di cercarle, è solo un modo di dire, in realtà arrivano da sole.
Ho scelto un tranquilla giornata del genere giorno di Sabbath, in una via secondaria larga circa trenta metri da un bordo all'altro. Sapevo che non era larga abbastanza, eppure ho pensato che con stretta sorveglianza ed evitando di sprecare inutilmente spazio avrei potuto farcela.
Naturalmente ho avuto difficoltà a salire sull'arnese, del tutto sotto la mia responsabilità, senza l'incoraggiante supporto morale dall'esterno, senza nessun comprensivo istruttore a dire, "Bravo! Stai andando bene - continua così - non avere fretta - là, ora, bene così - tieniti su, vai avanti." Invece di questo avevo un altro tipo di supporto, e cioè un ragazzo, che si è appollaiato sul pilastro di un cancello ciancicando un pezzo di zucchero d'acero.
Era pieno d'interesse e di commenti. La prima volta che ho fallito e sono caduto lui ha detto che se fosse stato in me si sarebbe vestito di cuscini, ecco cosa avrebbe fatto. La volta successiva che sono andato giù mi ha consigliato di imparare prima a guidare un triciclo. La terza volta che sono crollato ha detto che non poteva credere che ce la facessi a stare su una carrozza a cavalli. Ma la volta successiva ce l'ho fatta e mi sono messo goffamente in moto in una maniera serpeggiante, vacillante e incerta, occupando praticamente tutta la strada. La mia andatura lenta e sgraziata ha riempito il ragazzo di disprezzo fino alla radice dei capelli e gli ha fatto gridare: "Oddio, questo mi si scuce! ". Allora è sceso giù dal pilastro e si è messo a bighellonare lungo il marciapiede, continuando a fare osservazioni ed occasionalmente commenti. Dopo un po' è si è messo sulla mia scia e ha cominciato a seguirmi. Una ragazzina mi è passata vicino, tenendo in equilibrio un'asse per lavare sulla testa, ha ridacchiato e sembrato stesse per fare un commento, ma il ragazzo le ha detto, in tono di rimprovero: "Lascialo perdere, sta andando ad un funerale".
Quella strada la conoscevo bene da anni ed avevo sempre pensato che fosse in pianura, ma non lo era, come ora mi informava la bicicletta, con mia sorpresa. La bicicletta, nelle mani di un principiante, è precisa ed accurata come una livella a bolla nel rilevare sfumature fragili ed evanescenti di differenza in questo campo. Rileva una salita quando un occhio non addestrato non se ne accorgerebbe; rileva ogni minimo pendio dal quale l'acqua scorrerà giù. Io arrancavo su una leggera salita, ma non me ne rendevo conto. Questo mi faceva penare e ansimare e sudare; e sebbene mi sforzassi quanto potevo, la macchina quasi si fermava ad ogni momento. In quei casi il ragazzo diceva: "Basta! prenditi un po' di riposo, non c'è fretta, il funerale possono farlo anche senza di te".
I sassi erano una vera seccatura. Anche quelli più piccoli mi mettevano in panico quando ci passavo sopra. Potrei colpire qualunque genere di pietra, non importa quanto piccola, se solo provassi a schivarla; e naturalmente all'inizio non riuscivo ad evitare di farlo. Ma è naturale. Fa parte dell'asino che è in noi, per ragioni imperscrutabili.
Ero al termine del mio percorso, infine, e dovevo dare una sterzata. Ciò non è piacevole, quando lo fai per la prima volta sotto la tua responsabilità e non è nemmeno probabile che tu ce la faccia. La fiducia ti sgocciola via, ti riempi completamente di apprensioni senza nome, ogni tua fibra è tesa con uno sforzo vigile, inizi una cauta e graduale curva , ma i tuoi nervi aggrovigliati sono tutti pieni di ansie elettriche, e così la curva degenera rapidamente in un convulso e rischioso zigzag; poi improvvisamente il cavallo rivestito di nickel parte in quarta e devia verso il paracarro, sfidando tutte le preghiere e tutte le tue capacità di fargli cambiare idea, il cuore ti si ferma, il respiro ti resta in sospeso, le gambe smettono di funzionare, vai diritto ed ora ti manca mezzo metro per arrivare al bordo della strada. Ed ora è il momento disperato, l'ultima opportunità di salvarsi; naturalmente tutte le istruzioni ricevute ti volano via dalla testa e giri la ruota non verso il paracarro, ma dall'altra parte, e così ti vai a sdraiare sulla spiagga inospitale di quel bordo di granito. Quella è stata la mia sorte; quella è stata la mia esperienza. Mi sono trascinato fuori da sotto l'indistruttibile bicicletta e mi sono seduto sul paracarro per controllare.
Ho cominciato il viaggio di ritorno. È stato allora che ho visto il carro di un contadino che veniva giù lentamente verso di me, carico di cavoli. Se avevo bisogno di qualcosa per perfezionare la precarietà della mia sterzata, era proprio quello. Il contadino occupava il centro della strada con il suo carro, lasciando a mala pena tredici o quattordici metri di spazio da entrambi i lati. Non potevo gridargli, un principiante non può gridare, se apre la bocca è fregato, deve mantenere tutta la sua attenzione sulla sua situazione. Ma in questa spaventosa emergenza, il ragazzo è venuto in soccorso, e per questa volta dovrei essergli riconoscente. Ha mantenuto un'attenta vigilanza sugli impulsi e sulle ispirazioni rapidamente mutevoli della mia bicicletta e in conseguenza di questi gridava all'uomo: "A sinistra! Gira a sinistra, o questo somaro ti viene addosso! " L'uomo ha cominciato ad eseguire. "No, a destra, a destra! Aspetta! Non così! - a sinistra! - a destra! - a sinistra! - destra! sinistra - de... - Resta dove sei, o sei spacciato!".
E proprio allora sono andato addosso al cavallo di destra dal lato destro e mi sono ammucchiato a terra. Ho detto: "Accidenti! Ma non l'hai visto che stavo arrivando?"
"Sì che l'ho visto che stavi arrivando, ma non riuscivo a capire da che parte arrivavi. Nessuno l'avrebbe capito, o no? Neanche tu lo capivi, o no? E allora che volevi che facessi?"
C'era qualcosa di vero in quello che diceva, e così ho avuto la magnanimità di dargli ragione. Ho detto che senza dubbio avevo tanta colpa quanto lui.
Nei cinque giorni seguenti feci così tanti progressi che il ragazzo non riusciva a stare al passo con me. Dovette tornare al suo palo ed accontentarsi di guardarmi cadere da lontano.
C'era una fila di bassi gradini di traverso ad un'estremità della strada, distanziati di circa un metro. Anche dopo essere riuscito a sterzare abbastanza bene, avevo talmente paura di quelle pietre che gli andavo sempre addosso. Esse mi procurarono le peggiori cadute mai fatte in quella strada, tranne quelle procurate dai cani. Ho visto che qualcuno ha dichiarato che nessun esperto è abbastanza veloce da investire un cane e che un cane è sempre capace di saltare fuori dalla sua traiettoria. Io credo che questo può essere vero, ma penso che il motivo per cui non è riuscito investire il cane è che stava provando a farlo. Io non ho mai provato a investire un cane, ma ho investito ogni cane che mi passava vicino. Penso che faccia una grande differenza. Se provi a investire un cane, lui sa come evitarti, ma se stai cercando di schivarlo, lui non sa come evitarti, ed è soggetto a saltare sempre dalla parte sbagliata. È sempre stato così nella mia esperienza. Anche quando non riuscivo ad investire un carro, riuscivo ad investire un cane che era venuto a vedermi mentre mi esercitavo. A tutti loro piaceva vedermi mentre mi esercitavo, e venivano tutti, dato che nel nostro quartiere succedono pochissime cose che facciano divertire un cane. C'è voluto tempo per imparare a schivare un cane, ma sono riuscito ad imparare anche quello.
Posso sterzare come voglio, adesso, ed acchiapperò quel ragazzo uno di questi giorni e lo investirò se non si riabilita.

Fatevi una bicicletta. Non ve ne pentirete, se riuscirete a sopravvivere.

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pagina creata il: 2 novembre 2011 e aggiornata a: 10 gennaio 2016