i motivi per farsi prendere dal panico: vedi telegiornali, giornali radio e articoli sui quotidiani più diffusi
i motivi per non farsi prendere dal panico (o quantomeno per riflettere sulla qualità dell'informazione):
- "Per l'ipotesi principale, e cioé quella alimentare, la più accreditata del resto, anche se le modalità attraverso le quali si verifica sono ancora poco chiare, c'è da chiedersi, tra le altre cose, come possa passare la barriera intestinale una proteina, quella prionica patologica, costituita da più di 200 aminoacidi" (Franco Valfré - BSE: tante domande e poche risposte - L'Informatore Agrario 3/2001, pag.7)
-"La paura
è un venticello. Di quelli che soffiano prima in sordina,
e si insinuano nelle fessure e nelle crepe, là dove cè
un po di spazio. Poi crescono piano piano e cominciano a
trasportare con sé cartacce e rifiuti, e alla fine si gonfiano
e spingono forte i passanti. Almeno quelli più esili, quelli
più fragili.
La paura trascina. Fa diventare montagne i granelli di polvere,
o quanto meno dune, mobili e minacciose. Striscia dentro i discorsi
e attraverso di essi, e serve due opposte volontà: quella
di chi vuol far credere, quella di chi di credere ha assolutamente
bisogno. Ed è, come ogni "stato danimo",
un meccanismo dialogico facilmente ripercorribile, abile nel decidere
le variazioni di intensità che legano i diversi attori
di una struttura comunicativa.
Questo è quel che succede, oggi, in termini di pura costruzione
relazionale, intorno al caso Bse: dove la paura
come del resto già tante altre volte nella storia, anche
recente è diventata un prodigioso motore di ascolti.
Geniale invenzione per rialzare le audience, in tempi di guerre
non vistose e troppo lontane catastrofi. E ancora più,
garanzia insperata di prolungata vita del mezzo, improvvisamente
non più colpito da obsolescenza (si accumulano ritagli
di giornale, si citano le dichiarazioni dei telegiornali, ci si
ferma per ascoltare le radio...).
Tra chi fornisce informazione, e chi la cerca avidamente perché
ne ha bisogno per decidere del proprio fare, scatta così
uno dei più oliati principi manipolatori che mai si siano
dati, dove delle tre dimensioni che governano il discorso
quella patemica, quella cognitiva, quella pragmatica la
prima viene a sovradeterminare le altre, e fa in modo che gli
stati dessere turbamenti o terrori decidano
dellagire e delle sue ragioni. Dunque, e sempre parallelamente,
di quello che si vuole dire e di quello che linterlocutore
vuole ritenere di quanto detto, di quello che si vuole invitare
a fare e di quello che, dallaltra parte, si ha voglia, assai
poco razionalmente, di fare davvero.
Si assiste così a un doppio balletto: quello di un abbraccio
rinnovato tra media e utenza, che viaggiano improvvisamente avvinghiati
(quando mai ci si poteva aspettare di essere di nuovo investiti
del bene più fragile e prezioso, la credibilità?);
e poi quello del diverso comportamento dei due attori, ciascuno
impegnato a fare la sua parte nel gioco comunicativo più
antico e più falsificante del mondo, quello del passaparola.
Sono tipici, in questo senso, il rincorrersi delle notizie e il
loro spesso ingiustificato clamore, la perdita delle fonti e della
cronologia responsabile, almeno in parte, dei rapporti causa-effetto
(chi ha detto il giusto sulle politiche europee, il nostro ministro
per le Politiche agricole o la portavoce della Comunità?),
lassurdità dei "fatti" giustificati
tipo liniziale verginità italiana e la generosa
creduloneria dei lettori, la diversificazione delle autorità
competenti e lindividualizzazione delle verità.
Così, mentre chi ha il compito di diffondere linformazione
e semplificare la questione scientifica tira a suo piacimento
i lembi del notiziabile, chi è là per trarne una
necessaria direttiva per il quotidiano perde ogni criticità
pur di aggrapparsi a una certezza qualunque. Positiva o negativa,
non importa; di estremo rigore o di estremo lassismo, tantè.
Smarrita, in questo gioco perverso e tanto appassionante, ogni
verificabilità, si opta per certezze provvisorie e proprio
per questo a maggiore ragione assolute.
Questione, non più di scienza, ma di fede: dove non
vale (non può più valere) né la prova né
largomentazione, valgono i titoli grandi e la moltiplicazione
degli allarmi, ovvero la polverizzazione dei garanti. E avere
paura sembra ritornare a essere nei fatti una sorta di bizzarro
e perverso piacere, che scuote le sicurezze di un mondo solo apparentemente
troppo perfetto; compiacimento dellerrore, ritrovato senso
dellurgenza, bugia consapevole di un rinnovato amore nella
natura. Non importa se clamorosamente artificiale, anzi purché
artificiale sia.
Viaggia dunque, insieme al virus, un terremoto passionale disponibile
alliperbole e pronto a rovesciarsi in declinazioni parallele:
ansia e astinenza e volentieri rabbia; e quando si può,
capri, più capri possibile, e non importa se invece di
belare muggiranno. Il contagio che pare remotissimo nei fatti,
è cosa più che certa e se non suonasse male,
virulenta nelle emozioni. (Giulia Ceriani - La psicologia cognitiva
ci aiuta a fare chiarezza sulla genesi e sulla realtà delle
nostre paure. Tutti pazzi ma non per la mucca - Il Sole 24 ore
- 28/1/ 2001, pag.36)
http://www.greenplanet.net/article.php?sid=14028
Notizie Flash: MUCCA PAZZA: UK, PREVISTO CALO VITTIME VARIANTE
UMANA
Nei
prossimi 80 anni, "solo"40 persone destinate a morire
per la forma umana della 'mucca pazza'...
Londra,
20 mag. 2003 (Adnkronos Salute) - Le morti provocate dalla variante
della malattia di Creutzfeldt-Jakob in Gran Bretagna sono destinate
a diminuire costantemente.
Il momento peggiore, spiegano gli esperti dell'Imperial College
di Londra, dovrebbe essere ormai passato e, nei prossimi 80
anni, meno di 40 persone sono destinate a morire per la forma
umana della 'mucca pazza'.