PLINIO IL VECCHIO (Gaius Plinius Secundus, 23 - 79. E.V.)

testo originale da: http://www.ukans.edu/history/index/europe/ancient_rome/L/Roman/Texts/Pliny_the_Elder/8*.html (traduzione: Andrea Gaddini)

Storia Naturale - Libro 8°
GAI PLINI SECUNDI NATVRALIS HISTORIA LIBER OCTAVVS

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(38) Ceterorum animalium, quae modo convecta undique Italiae contigere saepius, formas nihil attinet scrupulose referre. paucissima Scythia gignit inopia cruticum, pauca contermina illi Germania, insignia tamen boum ferorum genera, iubatos bisontes excellentique et vi et velocitate uros, quibus inperitum volgus bubalorum nomen inponit, cum id gignat Africa vituli potius cervique quadam similitudine. (38) Degli altri animali che sono arrivati in Italia, di solito solo se introdotti da ogni parte del mondo, non e' importante riportare scrupolosamente l'aspetto. La Scizia ne genera pochissimi, per scarsezza di foreste, pochi ne produce la Germania, che confina con essa, pero' genera particolari stirpi di bovini selvaggi, bisonti criniti e uri eccellenti per forza e velocità, a cui il volgo ignorante impone il nome di bufali, che invece nascono in Africa e hanno piuttosto una certa somiglianza con i vitelli o i cervi.

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(74) ... atrocissimos tauros silvestres, maiores agrestibus, velocitate ante omnes, colore fulvos, oculis caeruleis, pilo in contrarium verso, rictu ad aures dehiscente iuxta cornua mobilia. tergori duritia silicis, omne respuens vulnus. fera omnes venantur, ipsi non aliter quam foveis capti feritate semper intereunt. (74) il ferocissimo toro dei boschi, piu' grande di quello dei campi, il piu' veloce di tutti gli animali, dal colore fulvo, dall'occhio celeste, con il pelo rivolto al contrario, le fauci spalancate fino alle orecchie, vicino alle corna mobili, con la pelle della durezza della selce, che respinge ogni ferita. Tutti cacciano queste fiere e, a causa della loro ferocia, le uccidono in un solo modo: catturandole con delle fosse.

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(176) Bubus Indicis camelorum altitudo traditur, cornua in latitudinem quaternorum pedum. in nostro orbe Epiroticis laus maxima a Pyrrhi, ut ferunt, iam inde regis cura. id consecutus est non ante quadrimatum ad partus vocando; praegrandes itaque fuere et hodieque reliquiae stirpium durant. at nunc anniculae fecunditatem poscuntur, tolerantius tamen bimae, tauri generationem quadrimi. inplent singuli denas eodem anno. tradunt, si a coitu in dexteram partem abeant tauri, generatos mares esse; si in laevam, feminas. (176) Dicono che i buoi indiani abbiano la statura dei cammelli, con corna larghe quattro piedi. Dalle nostre parti la fama maggiore ce l'hanno i bovini dell'Epiro anche, come dicono, per le cure di Pirro che ne era il re: egli riusci' in cio' facendo partorire le femmine non prima dei quattro anni; cosi' risultarono grandissimi e ancora oggi continuano a rimanerne dei discendenti. Invece oggi chiedono alle giovenche di essere feconde a un anno, i piu' pazienti, anche a due anni, ai tori si chiede di montare a quattro anni, e ognuno feconda dieci vacche nello stesso anno. Dicono che, se i tori dopo la monta si allontanano verso destra, hanno prodotto un vitello maschio, se a sinistra una vitella femmina.
(177) conceptio uno initu peragitur, quae si forte pererravit, XX post diem marem femina repetit. pariunt mense X; quicquid ante genitum, inutile est. sunt auctores ipso conplente decumum mensem die parere. gignunt raro geminos. coitus a delphini exortu a. d. pr. non. Ianuarias diebus XXX, aliquis et autumno, gentibus quidem quae lacte vivunt ita dispensatus, ut omni tempore anni supersit id alimentum. tauri non saepius quam bis die ineunt. (177) il concepimento si compie con una sola monta, e se questo per caso e' fallito, dopo venti giorni la femmina ritorna dal maschio. Partoriscono al decimo mese; tutto cio' che nasce prima e' inadatto. Secondo certi autori partoriscono proprio il giorno in cui scade il decimo mese. Di rado partoriscono gemelli. Gli accoppiamenti iniziano dal sorgere della costellazione del Delfino, il 4 gennaio, e durano trenta giorni, altri avvengono in autunno, e presso le genti che si nutrono di latte sono distribuiti in modo che in ogni periodo dell'anno ci sia abbondanza di quell'alimento. I tori non si devono accoppiare piu' spesso di due volte al giorno.
(178) boves animalium soli et retro ambulantes pascuntur, apud Garamantas quidem haut aliter. vita feminis XV annis longissima, maribus XX. robur in quinquennatu. lavatione calidae aquae traduntur pinguescere et si quis incisa cute spiritum harundine in viscera adigat. (178) I bovini sono i soli animali che pascolano camminando anche all'indietro, presso i Garamanti non lo fanno in altro modo. La vita delle femmine raggiunge i 15 anni, quella dei maschi 20 anni, il massimo vigore e' a 5 anni. Dicono che lavare i bovini con acqua calda li faccia ingrassare e lo stesso accada se, dopo aver inciso la pelle,si soffia aria nell'interno con una canna.
(179) non degeneres existimandi etiam minus laudato aspectu: plurimum lactis Alpinis, quibus minimum corporis, plurimum laboris capite, non cervice, iunctis. Syriacis non sunt palearia, sed gibber in dorso. Carici quoque in parte Asiae, foedi visu tubere super armos a cervicibus eminente, luxatis cornibus, excellentes in opere narrantur, cetero nigri coloris candidive ad laborem damnantur. tauris minora quam bubus cornua tenuioraque. (179) Non bisogna considerare inferiori neanche i bovini meno gradevoli d'aspetto: quelli delle Alpi danno moltissimo latte, pur avendo dimensioni molto ridotte, e danno moltissimo lavoro se aggiogati per la testa e non per il collo. Quelli siriani non hanno giogaia, ma hanno una gobba sul dorso. Anche quelli della Caria, regione dell'Asia, seppure brutti a vedersi per una gobba sopra le spalle che sporge dal collo e con le corna storte, dicono siano eccellenti nel lavoro; per il resto quelli di colore bianco o nero sono poco considerati per il lavoro. I tori hanno corna piu' piccole e sottili dei buoi.
(180) domitura boum in trimatu, postea sera, ante praematura. optime cum domito iuvencus inbuitur. socium enim laboris agrique culturae habemus hoc animal, tantae apud priores curae, ut sit inter exempla damnatus a populo Romano die dicta, qui concubino procaci rure omassum edisse se negante occiderat bovem, actusque in exilium tamquam colono suo interempto. (180) La doma dei buoi si fa nel terzo anno di eta', dopo e' tardiva, prima e' prematura. Un vitello si doma benissimo insieme a uno gia' domato. Poiche' questo animale e' compagno dell'uomo nel lavoro e nella coltivazione dei campi, presso gli antichi riceveva tante attenzioni, e si ricorda ad esempio un tale processato dal popolo romano nel giorno fissato, per aver ucciso un bue per il proprio impudente amante che affermava di non aver mai mangiato la trippa in campagna, e fu mandato in esilio come se avesse ucciso un proprio colono.
(181) Tauris in aspectu generositas torva fronte, auribus saetosis, cornibus in procinctu dimicationem poscentibus. sed tota comminatio prioribus in pedibus. stat ira gliscente alternos replicans spargensque in alvum harenam et solus animalium eo stimulo ardescens. (181) Nei tori la buona razza si vede dall'aspetto, con la fronte minacciosa, le orecchie irsute, le corna in assetto di guerra che sfidano alla lotta, ma con tutta la minacciosita' nelle zampe anteriori. Stanno fermi con l'ira che cresce, piegando indietro le zampe e gettandosi la terra contro il ventre, ed e' l'unico animale che si infiamma con questa collera.
(182) vidimus ex imperio dimicantes et iocose demonstratos rotari, cornibus cadentes excipi iterumque regi, modo iacentes ex humo tolli bigarumque etiam curru citato velut aurigas insistere. Thessalorum gentis inventum est equo iuxta quadripedante cornu intorta cervice tauros necare; primus id spectaculum dedit Romae Caesar dictator. (182) Li abbiamo visto combattere a comando e ce li hanno mostrati mentre ruotavano per gioco, o si reggevano con le corna mentre cadevano e poi di nuovo tornavano in piedi, li hanno fatti alzare quando giacevano in terra e poi fatti stare su un carro lanciato al galoppo come fossero aurighi delle bighe. E' una invenzione del popolo dei Tessali uccidere i tori da un cavallo che gli galoppa accanto, col torcergli il collo tenendoli per le corna: Cesare quando era dittatore offri' per primo questo spettacolo a Roma.
(183) hinc victimae opimae et lautissima deorum placatio. huic tantum animali omnium, quibus procerior, cauda non statim nato consummatae ut ceteris mensurae: crescit uni, donec ad vestigia ima perveniat. quam ob rem victimarum probatio in vitulo, ut articulum suffraginis contingat; breviore non litant. hoc quoque notatum, vitulos ad aras umeris hominis adlatos non fere litare, sicut nec claudicante nec aliena hostia deos placari nec trahente se ab aris. est frequens in prodigiis priscorum bovem locutum, quo nuntiato senatum sub diu haberi solitum. (183) Percio' i tori sono splendide vittime per i sacrifici e sono il modo piu' sontuoso per placare gli dei. Tra tutti gli animali con la coda lunga, solo in questo alla nascita la coda non ha le proporzioni definitive come negli altri, ma cresce fino ad arrivare in fondo agli zoccoli. Per questo motivo l'approvazione delle vittime dei sacrifici, per i vitelli, prevede che la coda raggiunga l'articolazione del garretto, se e' piu' breve non e' di buon auspicio. E' stato anche notato che il sacrificio in genere non e' efficace se i vitelli sono portati all'altare in braccio a un uomo, cosi' come gli dei non sono placati ne' da un vitello che zoppica ne' da una vittima a loro estranea o che cerca di trascinarsi lontano dall'altare. E' frequente tra i prodigi degli antichi che un bovino abbia parlato, e quando l'annunzio arrivava al Senato, questo di solito era convocato all'aperto.

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(184) Bos in Aegypto etiam numinis vice colitur; Apin vocant. insigne ei in dextro latere candicans macula cornibus lunae crescere incipientis, nodus sub lingua, quem cantharum appellant. non est fas eum certos vitae excedere annos, mersumque in sacerdotum fonte necant quaesituri luctu alium, quem substituant, et donec invenerint maerent derasis etiam capitibus; nec tamen umquam diu quaeritur. (184) In Egitto un toro e' venerato come un dio, e lo chiamano Api. Ha come segno distintivo una grande macchia bianca sul fianco destro, come i corni della luna che inizia a crescere, e un nodo sotto la lingua, che chiamano cantaro. Non e' ritenuto lecito che superi una certa eta', e lo uccidono immergendolo nella fontana dei sacerdoti e vanno in giro a lutto a cercarne un altro per sostituirlo, e finche' non lo trovano sono tristi e si rasano anche i capelli; tuttavia non lo devono mai cercare molto a lungo.
(185) inventus deducitur Memphin a sacerdotibus C. delubra ei gemina, quae vocant thalamos, auguria populorum: alterum intrasse laetum est, in altero dira portendit. responsa privatis dat e manu consulentium cibum capiendo. Germanici Caesaris manum aversatus est haut multo postea extincti. cetero secretus, cum se proripuit in coetus, incedit submotu lictorum, gregesque puerorum comitantur carmen honori eius canentium; intellegere videtur et adorari velle. hi greges repente lymphati futura praecinunt. (185) Quando lo trovano e' portato a Menfi da cento sacerdoti: Gli sono dedicati due templi gemelli, detti talami, usati dal popolo per trarre profezie: se il toro entra in uno dei due e' buon auspicio, se entra nell'altro e' cattivo presagio. Da' responsi ai privati cittadini prendendo il cibo dalle mani di chi lo interroga. Rifiuto' la mano di Germanico Cesare, che non molto dopo mori'. Per il resto del tempo sta appartato, e quando si lancia tra la gente, avanza mentre i littori allontanano la folla ed e' accompagnato da uno stuolo di bambini che intonano un canto in suo onore; il toro sembra capire e sembra voler essere adorato. I bambini in frotte all'improvviso cominciano forsennati a predire il futuro.

(186) femina bos ei semel anno ostenditur, suis et ipsa insignibus, quamquam aliis, semperque eodem die et inveniri eam et extingui tradunt. Memphi est locus in Nilo, quem a figura vocant Phialam, omnibus annis ibi auream pateram argenteamque mergentes diebus quos habent natales Apis. septem hi sunt, mirumque neminem per eos a crocodilis attingi, octavo post horam diei sextam redire belvae feritatem.

(186) Al toro una volta l'anno portano una femmina, anch'essa ha dei segni, sebbene diversi, e dicono che sempre nello stesso giorno viene prima trovata e poi uccisa. A Menfi c'e' un luogo sul Nilo, che chiamano Fiala per la sua forma, dove ogni anno gettano nel fiume una coppa d'oro e una d'argento, nei giorni in cui si celebra la nascita di Api. Questi giorni sono sette ed e' straordinario che durante essi nessuno sia toccato dai coccodrilli, e dopo l'ora sesta dell'ottavo giorno, le belve manifestano di nuovo la loro ferocia.

Non sono un latinista, e mi scuso per gli errori nella traduzione dal latino:
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pagina creata il: 25 marzo 2006 e aggiornata al: 1° aprile 2011